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ETA' DEL FERRO

Dal 1.000 al 200 a.C.



L‘Età del ferro indica un periodo della protostoria europea caratterizzato dall'utilizzo della metallurgia del ferro, soprattutto per la fabbricazione di armi e utensili, e che abbraccia grosso modo un periodo che va, per le nostre zone dal X al II secolo a.C. Proprio in questo periodo sono documentate grandi migrazioni di popoli in Europa, con conseguenti importanti mutamenti della situazione sociale ed economica nel nostra regione. Molto probabilmente gli Eneti paflagonici, dopo la sconfitta di Troia ad opera dei Greci, occuparono il territorio euganeo tra il mare e le Alpi. Della cultura dei Veneti Antichi vi sono numerose ed importanti testimonianze. L'insediamento sulle pendici del Col Castelir di Villa di Villa, restituisce reperti databili dall'VIII secolo a.C. sino al periodo della romanizzazione; una simile durata nel tempo si ritrova anche nella necropoli ai Frati di Ceneda di Vittorio Veneto. Notevole è l'epigrafe funeraria "LAVSKOS KUGES", rinvenuta nel secolo scorso a Castel Roganzuolo. Conosciamo anche tre grossi santuari, localizzati a Villa di Villa, sul Monte Altare e a Castel Roganzuolo che, quasi sicuramente a partire dal IV secolo a.C., raccolsero le offerte votive degli antichi Veneti.
Le documentazioni degli antichi Veneti sono particolarmente importanti nel nostro ambito. Sono presenti  in quel di  Ceneda sul Monte Piai, sul Monte Altare (santuario), alle pendici del colle di San Paolo (sporadici) e del San Rocco in via Vittorino da Feltre (insediamento?), ai Frati (necropoli), e si susseguono con continuità per tutta l'età del ferro, tanto che possiamo stabilire una sequenza cronologica-culturale fino alla romanizzazione. Dalla necropoli ai frati provengono fibule (aghi di sicurezza) che indicano un'influenza culturale etrusco-villanoviana (reperti simili a Veio e a Felsina-Bologna) dell'VIII-VI sec.a.C. Altre testimoniano della koiné veneto-hallstatiana, come le fibile ad arco o a staffa figurata (VI-V sec.a.C.). La fibula Certosa, testimonia un rifugio temporaneo in altura degli autoctoni (V-IV sec.a.C.), sul Monte Piai, a ovest di Ceneda. Ci sono poi dei torques bronzei (collane rigide) e di fibule Latène II, di influsso celtico (II sec.a.C.).
Compaiono quindi per il II sec. monete argentee romane, e monetazione sempre in argento del Norico del I sec.a.C. I reperti metallici di influsso celtico (in mancanza di reperti ceramici, tipici di quei popoli, e del rito inumatorio con corredo di armi), testimonierebbero, secondo quanto affermato dalle fonti che Veneti e Celti avevano simili costumi e modi di vita; che si differenziavano però per la lingua e per la religione. Ecco che si inserisce infine il santuario del Monte Altare con notevoli reperti di uso votivo come i bronzetti maschili nudi di guerrieri; le lamine geometriche a forma di castello o di ponte fortificato sopra due corsi d'acqua; le laminette d'oro decorate; gli scudi miniaturistici; oltre a numerose monete dall'epoca della romanizzazione al IV sec.d.C.



PALEOVENETI


Di Veneti si parla già da tempi antichi e risultano sparsi in varie parti d’Europa: Erodoto, storico greco del V secolo a.C. ci informa dei Veneti insediati nella penisola balcanica, forse in Epiro. Il greco Polibio ed i romani Cesare e Strabone, nel primo secolo a. C., registrano la presenza dei Veneti di Gallia. Tacito invece, storico latino del I sec. d. C., ricorda la presenza dei Veneti nell’Europa centro settentrionale, pare che il popolo qui localizzato sia costituito da slavi che in seguito prenderanno il nome di Vendi, da Veneti.
Se cerchiamo di stabilire i rapporti tra tutti questi Veneti ci perdiamo nel labirinto delle ipotesi, ma gli studiosi moderni sono concordi nel ritenere che i Veneti siano uno dei primi strati di indoeuropei immigrati nella nostra regione, sovrapponendosi ad altre popolazioni locali; il nome stesso rientra benissimo nel sistema linguistico indoeuropeo, come aggettivo con desinenza in -to.
Le direttrici di occupazione si addensano in modo particolare lungo i grandi fiumi Adige-Brenta-Piave evidenziando come la distribuzione, assieme agli itinerari terrestri aprivano la regione su tre fonti di primario interesse.
Il mare Adriatico, per il commercio greco, l’Italia centrale e tirrenica, con conseguenti contatti alla cultura etrusca ed il centro Europa transalpina, con accesso alle sue ricche risorse minerarie.

Gran parte delle città di pianura è quella di essere comprese tra due corsi fluviali, percorse da anse e contro anse, assumendo l’aspetto di “città simili ad isole” che tanto aveva colpito il geografo Strabone: città d’acqua, dunque, e dall’acqua legate al territorio.

Furono proprio i fiumi che, favorendo aperture diverse con il territorio e le culture circostanti, determinarono alcuni aspetti culturali tipici a diversi da centro a centro. Esemplare è il caso di Este e Padova, i due centri egemoni di pianura, l’una sorta sulle rive dell’Adige, l’altra su quelle del Brenta.

Este risulta più aperta alle esperienze culturali dell’Italia etrusca, da Bologna ai centri tirrenici e fa sistema con il Veneto occidentale, Padova è più “continentale”, più legata al mondo centro-europeo di cultura hallstattiana al Veneto nord-orientale dove si svilupparono numerosi centri da Montebelluna all’Asolano lungo la pedemontana, da Mel al Norico.

Per quel che riguarda il territorio Cenedese, nelle zone prealpine sono numerose le testimonianze degli antichi Veneti e le localizzazioni dei reperti raccolti documentano una intensa frequentazione. La concentrazione dei siti nell'ambito più ristretto dell'anfiteatro morenico vittoriese sembra dettata da una logica insediativa lungo direttrici commerciali, anche a largo raggio, documentate fin dalla preistoria, e per l'età del ferro ci sono numerosi reperti o dati che implicano molteplici scambi culturali da parte delle popolazioni locali, sia col mondo alpino che con quello padano.
A riprova che percorsi ben collaudati nel corso di centinaia di anni attraversavano il nostro territorio, indichiamo, in base alla diffusione dei torques a nodi verso la fine dell'età del ferro, due importantissime linee di flusso: la prima in senso Est-Ovest, lungo la pedemontana a nord della linea delle risorgive, sul tragitto Tagliamento-Vivaro-Polcenigo-Ceneda- Montebelluna-Brenta; l'altra in senso Sud-Nord, una via direttissima di penetrazione nell'arco alpino fino alle valli del Norico, sul percorso Ceneda-Mel-Cavarzano (BL)-Cadore-Lothen (BZ), che veniva già indicata dai più antichi torques di derivazione hallstattiana, con terminazione a riccio e con decorazione a spina-pesce, presenti sia a Ceneda che a Lothen. Questi percorsi, da e per il Norico, venivano ribaditi dalla diffusione degli oboli d'argento con la croce dei Tectosages, dalle valli della Drava e del Gail, fino al santuario del Monte Altare sopra Ceneda.
Ceneda, situata proprio alla confluenza di queste direttrici di traffico, allo sbocco sulla pianura ed in prossimità dei passaggi sul Piave e sul Livenza, sembra il centro protoveneto più importante del territorio tra i due fiumi. La presenza della necropoli protoveneta in località ai Frati, con reperti che documentano una continuità di deposizioni dal VIII fino al I sec.a.C., conferma l'esistenza in Ceneda di un consistente insediamento con caratteristiche protourbane, e forse uno dei centri più importanti dei Veneti antichi.
I volumi di traffico per il cenedese sono difficilmente calcolabili, ma non a caso, verso la fine dell'età del ferro, troviamo la zona fittamente costellata di luoghi di culto o di santuari (anche se in qualche caso dovremmo più propriamente parlare di stipe votiva o di deposito sacro). Tali sacrari sono stati localizzati alle pendici del Col Castelir a Villa di Villa (Cordignano), nella zona di risorgive di Pra' della Stalla ad Orsago, a Castello Roganzuolo (S.Fior), sulle testate collinari di Scomigo presso il torrente Cervada, a Tarzo, e sulla cima del Monte Altare a Ceneda. Altri sporadici rinvenimenti di pianura attestano la presenza di una tradizione venetica con contatti e scambi sia verso la pianura che al di la delle alpi.