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ALTO MEDIOEVO

VI X sec. d.C.



Nella primavera del 568 Alboino, al comando del piccolo esercito Longobardo s’insediava nelle nostre zone ed istituiva i ducati di Cividale e Ceneda.
La notevole frequenza nelle nostre zone dei toponimi Fara - Farra, ci può dare una buona indicazione della consistenza dell'insediamento Longobardo.
Nel suo spostamento verso Verona, Alboino incontrava al Piave il vescovo di Treviso, Felice (amico del nostro Venanzio Fortunato), e gli concedeva un privilegio con garanzie di sicurezza per la sua città. Alla morte di Alboino e dopo il breve regno di Clefi, i Longobardi restarono per un decennio senza re. Durante l'interregno, i vari duchi longobardi (e Paolo Diacono ne contava ben 35), gestivano autonomamente i loro ducati, alcuni erano addirittura al soldo dei Bizantini.
Nel 584, numerosi duchi si accordarono per la riorganizzazione di un nuovo regno, ed elessero re Autari. Per ricostituire il "tesoro della corona", i duchi fecero confluire nel fisco regio parte delle loro sostanze e terre già di competenza della funzione ducale.
Il toponimo Gai, nel senso di bosco di diritto regio, starebbe proprio ad indicare alcuni possedimenti del patrimonio del re. E' molto probabile che alcuni duchi delle Venezie preferissero proseguire nella loro autonomia, anche perché finanziariamente sostenuti dai Bizantini.
Uno dopo l’altro, nell'arco di una ventina d'anni, sarebbero stati ricondotti tutti all'obbedienza del re. Il regno intanto si consolidava dopo il matrimonio di Autari con Teodolinda, figlia del re dei Baiuvari.
Col successore di Autari, Agilulfo, secondo marito di Teodolinda, fu fatto un notevole sforzo contro i duchi ribelli. Veniva infatti attaccato, tra gli altri, il duca Ulfari e catturato presso Treviso dallo stesso Agilulfo. Anche il duca cenedese è ricondotto alla soggezione del re; e l'insediamento di colonie di Baiuvari attorno a Ceneda (a Bavaroi, Baver, Costa Bavara), starebbe proprio ad indicare l'imposizione di presidi regi a controllo dell'operato del duca.
Tra il 601 ed il 605, Agilulfo riprendeva la spinta offensiva anche contro i territori controllati dai Bizantini, e infatti, attaccava e prendeva Padova e Monselice.
Nel 603 circa, anche il duca del Friuli, Gisulfo II, considerato l'attivismo di Agilulfo, preferiva accordarsi col re. Tra il 619 ed il 625, il governatore di Oderzo faceva uccidere a tradimento i duchi del Friuli Taso e Caco (figli di Gisulfo II).
In quel torno di tempo Opitergium era la capitale della Venetiarum provintia, vale a dire dei territori veneti ancora soggetti all'Impero. Con la ripresa dell'espansionismo longobardo sotto Rotari, anche Oderzo però fu conquistata, circa nel 639, ed il governo provinciale bizantino si trasferiva a Cittanova Eracliana. Qui si rifugiava anche il vescovo della diocesi opitergina, S.Magno, secondo la leggenda.
E' interessante ricordare che nel placito di Liutprando, del 743, si racconta che, dopo la presa di Oderzo, le reliquie di S.Tiziano, vescovo opitergino, furono trafugate e trasportate a Ceneda, dove fu costituita la nuova sede della diocesi.
Nel 643 le leggi longobarde, fino allora trasmesse oralmente, furono scritte nel famoso Editto.
Dopo la prima conquista da parte di Rotari, Opitergium è definitivamente distrutta, nel 669, da Grimoaldo, fratello di Taso e Caco; il re vendicava così la morte dei suoi fratelli, e Paolo Diacono aggiunge che in quell'occasione il territorio opitergino fu diviso tra i ducati confinanti di Ceneda, Forumiuli (Cividale) e Treviso.
Si suppone che in quel periodo Treviso sia diventata sede di una zecca che in seguito sarebbe stata una delle più importanti d'Italia.

Attorno al 690 il ribelle Alachis, appostato al ponte di Cavolano sul Livenza, intercettava i Forogiuliani che andavano a congiungersi con l'esercito di Cuniberto, il re in carica, e li obbligava a giurargli fedeltà. Con Cuniberto cominciò a comparire sul verso della monetizzazione longobarda, l’immagine di S. Michele al posto della vittoria di tradizione tardo romana.
In quell’epoca il Santo era diventato patrono dei Longobardi ed il titolo dell’Arcangelo si diffondeva in tutto il regno. Molto spesso si ritrova presso le chiesette connesse con necropoli Longobarde, com’è documentato a S. Michele Arcangelo di Salsa (V. Veneto). Si sospetta che anche il titolo di S. Michele di Ramera possa risalire a quel periodo. Un discorso simile potrebbe riguardare il titolo di S. Pietro in Vincoli, già oratorio semidistrutto di Zoppe, posto in località Palù.
A parere del Bognetti questo titolo sembrerebbe riecheggiare un'antica dedica longobarda; infatti, Paolo Diacono racconta che re Cuniberto fu sepolto proprio in una chiesa di Pavia con lo stesso titolo.
Tale dedica era forse dovuta all’attività di missionari pavesi che diffondevano il titolo di S.Pietro in Vincoli, già associato ad una profezia sulla cessazione della gran peste, del 680 circa Ricollegandoci al capitolo sul degrado del territorio ed inserimento di barbari, ed in particolare all’utilizzazione agraria di terreni pubblici, c’è il sospetto che nel territorio del comune, la località Breda (da braida), con il significato di campagna suburbana, nell’epoca in esame possa riferirsi a terreni pubblici assegnati in uso ai Longobardi, secondo la regola di inserimento della hospitalitas militare di tradizione tardo romana. I terreni ad uso pubblico, normalmente accostati ad insediamenti d’autoctoni di tradizione latina, erano assegnati ai popoli federati come compenso per la loro funzione pubblica in difesa dei confini dell'Impero. Nel nostro caso, per esempio, Breda è accostato a Cosniga, toponimo prediale d’epoca romana (Cusinna), dal nome dell’antico proprietario del fondo. (es. Maniac da Manius).
I prediali mantengono il nome romano del primo assegnatario del fondo e si distinguono per il suffisso: '-igo, -iga, -ago, -aco, -ico, -ica'.
Nella prima metà dell'VIII secolo furono delimitati i confini tra il regno Longobardo e i territori lagunari dipendenti da Costantinopoli.
I patti, richiamati dal Pactum Lotarii dell'840, furono stipulati tra il duca di Ceneda Paulicio e il magister militum Marcello, governatore dei territori lagunari, cioè della Venetiarum provintia, con sede allora a Cittanova Eracliana.
Nel 743 re Liutprando sottoscriveva il "placito" con cui il vescovo Pietro di Pavia derimeva una controversia a proposito d’alcune pievi, tra il patriarca di Aquileia Callisto ed il vescovo Massimo di Ceneda, da poco assunta a sede vescovile.
Le pievi controverse sarebbero quelle di S.Cassiano, di S.Fior, di S.Polo con la pertinenza di Rai, secondo un documento molto dubbio del 1074.
Tra le curiosità ricordiamo che in un documento longobardo del 762, originale questa volta, lo zio era indicato col vocabolo "barba" termine usato tuttora nelle nostre zone.
Per la cronaca la carta raccontava della sentenza del duca Orso di Ceneda a favore della chiesa di Sernaglia.

 

FRANCHI
Nel 774, Carlo re dei Franchi occupava il nord Italia ed assumeva il titolo di re dei Longobardi ricevendo la sottomissione dei duchi, dopo aver sconfitto re Desiderio a Pavia.
A quell'anno fu riferita da Andrea da Bergamo una sanguinosa battaglia con grande strage di Franchi al Livenza.

Si tratterebbe dello scontro finale fra i Franchi e gli ultimi indipendentisti longobardi, il duca forogiuliano Rotgaudo e quello di Vicenza Gaido; ma con esito diametralmente opposto a quello raccontato da Andrea.
Nella primavera del 776 Carlo Magno, sgominati i rivoltosi, celebrava la Pasqua a Treviso.
A partire dal 776 le sedi dei Duchi Longobardi diventano sedi di Conti Franchi.
Non sembra che il vescovo di Ceneda abbia aderito subito al nuovo sovrano, dato che solo nel 794 riceveva da Carlo un diploma d’immunità per la sua Chiesa.
In un documento dell'815 viene per la prima volta nominato il Comitato di Treviso, e successivamente troviamo investita del titolo di Conti di Treviso quella che sarà la famiglia dei Collalto i quali dichiaravano di seguire le leggi Longobarde.
Dopo la morte di Carlo Magno i comitati di Ceneda e Treviso subiscono per un secolo le lotte tra i successori ed eredi della corona imperiale.
Si formano i vari Regni d'Italia, di Francia, di Germania, ecc.
Berengario fu re d'Italia dal 888 al 924 ma in quest’anno cade vittima di una congiura a Verona.
Dopo Rodolfo II di Borgogna, Ugo di Provenza ed il figlio Lotario, ottiene la corona regia Berengario marchese d’Ivrea.

Dopo 10 anni, Ottone I di Germania è incoronato re d'Italia e da quel momento la "corona ferrea" rimane ai sovrani tedeschi per circa un millennio.